mercoledì 31 gennaio 2007

Il PD e il tentativo di spazzare via la Sinistra


Per capire plasticamente che cosa intenda Oliviero Diliberto quando insiste sulla “diversità” dei Comunisti Italiani bisogna avere visto i brani che la notte del 30 gennaio “Primo Piano” ha trasmesso, su RAI3, col balletto di salamelecchi, occhiatine, e melenserie fra il sindaco di Roma Walter Veltroni –il kennediano del i care- ed il tosto ammiratore di John Wayne Gianfranco Fini. Scomparivano nel duetto, il padrone di casa Alemanno rincantucciato per permettere l’incontro di sguardi ed ammiccamenti, il serioso Chiti ed il marginale Beppe (Pisanu naturalmente). Si trattavano i destini d’Italia in uno scambio di cortesie fra un sindaco mai stato comunista ed un ex vicepresidente del consiglio che ambirebbe non essere mai stato fascista. Pare che l’Italia virtuale, quella lontana dal popolo dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati, dei poveri insomma debba prendere il sopravvento. In vista di un futuro Partito Democratico (all’americana per intenderci) per la cui leadership il sindaco pare stia facendo il vuoto attorno a Massimo D’Alema, si fanno le prove di convergenza e guai a chiamarle inciucio ed i progetti per spazzare via la Sinistra dalla politica italiana. Non basta; è il diessino Chiti, che lancia le bordate più pericolose, per noi che abbiamo difeso la Costituzione democratica, antifascista e repubblicana, perché mentre parla di eliminare il “porcellum elettorale”, vuole anche «singole innovazioni costituzionali» come “il potere di revoca dei ministri” o “la riduzione dei parlamentari” e chissà che non rispolveri il senato federale, tanto per inglobare la Lega, e leggi fatte dal governo invece che dal parlamento.Di soppiatto poi, spunta il doppio turno; non di collegio, per carità, ma come quello usato attualmente nei comuni tanto per non far arrabbiare subito i “cespugli” che si potrebbero, bontà loro, rafforzare alleandosi in seconda battuta.Un disegno astuto, che viene da lontano, ma propinato a piccoli avvelenati bocconi. Prima il “Partito democratico” che eroderebbe la sinistra DS, poi la legge a doppio turno mascherato che eliminerebbe il resto dei partiti della Sinistra e poi il cambio della Costituzione in senso presidenzialista. Il gioco è semplice: nessuno potrebbe più parlare di eversione gelliana perché gli attori questa volta sarebbero tutti dei veri “democratici”.C’è un modo per contrastare questa deriva populista, illiberale e minata dall’acquiescenza ai dettati del cattolicesimo più integralista che già pervade la maggior parte della Margherita (l’altro asse del PD) ?Noi pensiamo che esista.Non si tratta di raccogliere i cocci dei DS che non vogliono morire democristiani, e nemmeno di illuderci che una massa di delusi chieda di iscriversi al Partiro dei Comunisti Italiani, la soluzione è diversa e gia perseguita, sinora inutilmente, dal PdCI :quella della federazione dei partiti che si vogliono ancora chiamare (e restare) di sinistra per difendere i valori fondanti che un secolo fa portarono alla nascita del socialismo e del comunismo.Il binomio “unità e diversità” che è stato ampiamente illustrato nelle ultime relazioni ai CC del PdCI dal segretario nazionale (in allegato si possono leggere gli interventi integrali) è una garanzia per noi e per i futuri partiti o forme politiche che vogliano mantenere integra la matrice di sinistra. Perché unità della sinistra non significa fusione di partiti e nemmeno scomposizione e riaggregazione, piuttosto federazione nella quale ognuno mantiene la propria identità e le diversità che lo caratterizzano per tradizione, comportamento retaggi storici e culturali, matrici ideologiche.C’è un punto che può invece accomunarci tutti ed è quello della difesa del lavoro.In una società liberista, neoconservatrice, di estrema globalizzazione economica e ricerca del profitto massimizzato, la funzione della Sinistra torna ad essere vitale per il mondo del lavoro ed in genere per le classi più deboli. Perché la lotta di classe non è un retaggio del passato ma l’unico modo di reazione alla sopraffazione delle classi sempre più dominanti e ristrette su masse crescenti sempre più sfruttate, impoverite, umiliate e spinte verso gli estremi limiti della sopravvivenza. Una sinistra per il lavoro e per il riscatto dei lavoratori. Quei lavoratori che il Partito Democratico continuerà a lasciare sempre più indifesi perché nella sua formazione e secondo le linee di azione di vertice con cui si sta sviluppando non troverà più né la forza e nemmeno l’interesse di farlo.Compito della nuova Sinistra sarà di invertire la tendenza e lo sviluppo di questo nuovo modello, ora dilagante e vincente, dello sfruttamento estremo delle risorse degli uomini e dell’ambiente naturale. Il consumo energetico sempre crescente e che questo modello favorisce oltre misura è concausa dello stato di guerra perenne che da anni ci sta mortificando e dilaniando. Le vite umane perse a milioni, ormai, nei massacri collegati alla conquista del dominio assoluto delle residuali fonti energetiche e della supremazia politico-militare non sono più tollerabili e qualcosa va fatto. E ciò che deve farsi è combattere con ogni forza disponibile per invertire l’ attuale tendenza.I comunisti non sono ormai più uno sparuto gruppo, ma hanno forze giovani, parlamentari, organizzazione e voti e non sono soli, come appena qualche anno fa, perché una base crescente e molti vertici dei DS non accettano la deriva liberista cui il loro partito sta andando incontro. Ormai è un fermento di discussione nelle sezioni e federazioni come nei circoli intellettuali. Una tendenza è ormai delineata e collima con quella che il PdCI sta portando avanti da tempo. L’idea di un partito del lavoro e del riappropriarsi del modello socialista è ormai concetto comune perché dalla base viene questa richiesta. Anni di compromessi hanno minato, insieme con la consistenza del più grosso erede del PCI anche la sua credibilità e gran parte del mondo dei lavoratori, dei precari, dei picccoli artigiani e commercianti che aveva portato quel partito a rappresentare un terzo del Paese è preda del populismo della destra perché non si sente più rappresentato; di più si sente trascurato e beffato. Coerenza quindi deve essere la parola d’ordine di tutta la sinistra che deve sopravvivere e diventare forte, più forte.La coerenza portata avanti dai Comunisti italiani ci ha premiati , in voti, iscritti, consensi e simpatie. Altri la pensano come noi e ferve un grande dibattito che ci dà speranza per il futuro.Anche con il PD la Sinistra, unita, non potrà essere spazzata via perché molti ormai non vogliono rinunciare alla lotta che ci ha sempre civilmente caratterizzati. ------------





giovedì 11 gennaio 2007

Libertà religiosa


La legge sulla libertà religiosa ha scatenato un forte scontro tra il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero ed il capo della CEI (la Conferenza episcopale italiana).
All'origine del “botta e risposta” una dichiarazione del segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Betori, lanciata ieri da agenzie e quotidiani.
«Nell'attuale quadro costituzionale - avrebbe affermato il prelato durante un'audizione presso il Parlamento Italiano - l'eguale libertà di ogni confessione non implica piena uguaglianza. Lo Stato sia prudente e non firmi troppe intese».
La pronta reazione di Ferrero non si è fatta attendere ed il ministro ha definito «oscurantista» la presa di posizione dei vescovi italiani.
Altrettanto secca la risposta della Cei che ha espresso «Stupore e sconcerto» per le «valutazioni sommarie» del ministro, considerate “un' inaccettabile forzatura politica”.
La corte costituzionale d’Oltretevere come già ci è accaduto di definirla, preferisce, evidentemente, che la Costituzione sia attuata solo nel suo articolo 7 (Patti lateranensi) e ama, anzi pretende di, sorvolare sull’articolo 8 (uguaglianza di tutte le confessioni religiose e rapporti regolati dalle varie “intese”).
Ad essere chiari la CEI pretende di dettare le leggi di attuazione della Costituzione repubblicana ed intima al ministro di limitare le intese rimanendo “stupita e sconcertata” quando Ferrero richiama proprio l’apertura dell’artcolo 7 : “Lo stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”.
Che il Papa si arroghi il diritto di intervenire sulle leggi italiane e sulla loro formazione adattando Costituzione e Codici a seconda della morale cattolica già ci sembra uno sconfinamento fuori luogo, che poi lo facciano vescovi e prelati ci appare intollerabile.
Evidentemente –ed i Patti Lateranensi lo provano- alla Cei piacciono due colori: il nero delle tonache (e che altro?) ed il rosso, ma cardinalizio.
Quello ministeriale evidentemente dà fastidio.