giovedì 11 gennaio 2007

Libertà religiosa


La legge sulla libertà religiosa ha scatenato un forte scontro tra il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero ed il capo della CEI (la Conferenza episcopale italiana).
All'origine del “botta e risposta” una dichiarazione del segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Betori, lanciata ieri da agenzie e quotidiani.
«Nell'attuale quadro costituzionale - avrebbe affermato il prelato durante un'audizione presso il Parlamento Italiano - l'eguale libertà di ogni confessione non implica piena uguaglianza. Lo Stato sia prudente e non firmi troppe intese».
La pronta reazione di Ferrero non si è fatta attendere ed il ministro ha definito «oscurantista» la presa di posizione dei vescovi italiani.
Altrettanto secca la risposta della Cei che ha espresso «Stupore e sconcerto» per le «valutazioni sommarie» del ministro, considerate “un' inaccettabile forzatura politica”.
La corte costituzionale d’Oltretevere come già ci è accaduto di definirla, preferisce, evidentemente, che la Costituzione sia attuata solo nel suo articolo 7 (Patti lateranensi) e ama, anzi pretende di, sorvolare sull’articolo 8 (uguaglianza di tutte le confessioni religiose e rapporti regolati dalle varie “intese”).
Ad essere chiari la CEI pretende di dettare le leggi di attuazione della Costituzione repubblicana ed intima al ministro di limitare le intese rimanendo “stupita e sconcertata” quando Ferrero richiama proprio l’apertura dell’artcolo 7 : “Lo stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”.
Che il Papa si arroghi il diritto di intervenire sulle leggi italiane e sulla loro formazione adattando Costituzione e Codici a seconda della morale cattolica già ci sembra uno sconfinamento fuori luogo, che poi lo facciano vescovi e prelati ci appare intollerabile.
Evidentemente –ed i Patti Lateranensi lo provano- alla Cei piacciono due colori: il nero delle tonache (e che altro?) ed il rosso, ma cardinalizio.
Quello ministeriale evidentemente dà fastidio.