Marcello Veneziani rimpiange che non si sia versata una lacrima per la morte di Pinochet e ne chiede conto alla Democrazia occidentale. Guarda caso proprio a quella che dovrebbe esportare la “democrazia” che Pinochet aveva distrutto.
Abbiamo avuto un senso di sgomento, oltre che ripulsa, leggendo le argomentazioni che l’intellettuale Marcello Veneziani affida alla stampa il 12 dicembre 2006.Sensazioni a pelle, forse, perché ci avevano educato ad altri valori. Qui non si tratta del tiranno che l’antica Grecia potenzialmente riconosceva come rappresentante dell’oligarchia estrema -ed infatti Dioniso allevava Archimede contro il barbaro romano-. Qui si tratta del tiranno moderno, la degenerazione della democrazia e dello stato di diritto.Fa specie che un sostenitore del law and order lamenti il legittimo senso di liberazione che, umanamente, ha percorso cittadini e cancellerie –non solo occidentali- per la scomparsa del dittatore. Perché questo fu Pinochet per un Cile che liberamente e democraticamente aveva scelto Allende quale suo rappresentante. Anche la Democrazia Cristiana cilena – allora molto vicina a quella italiana- aveva concordato che Allende fosse la soluzione.Di cosa? Di un esperimento che la scuola economica statunitense si era riservata di testare in un paese di democrazia debole, neonata, ma di grandi possibilità economiche.La scuola americana, e sarebbe bene non dimenticarlo mai, dopo il nazionalismo del tiranno che accettava ma non restituiva, riprese gli stessi esperimenti economici in Argentina con le conseguenze che sono note.Ma torniamo alle tesi di Veneziani.Sebbene tiranno, Pinochet fu il salvatore del Cile. Perché è vero che fu dittatore –e fra i più feroci a stare dalle prove di sevizie, sparizioni, uccisioni, ricatti e uccisioni dopo torture estreme- ma intervenne per salvare un paese in ginocchio, percorso da bande armate, in balia del comunismo.Il comunismo, allora per gli USA di Pinochet come oggi per i Veneziani di Guzzanti-Scaramella è la chiave di volta di ogni giustificazione a qualunque bruttura.La situazione reale del Cile –col secondo governo Allende- era tutt’altra cosa.Vi operavano tanto i partiti della Sinistra (comunisti, socialisti, socialisti estremi) e la Democrazia Cristiana . Democristiani che avevano confidenza -con quelli italiani- superiore a quella che Allende non avesse coll’URSS (casomai le frange estremiste stavano fra i socialisti).Ma cosa dimentica Veneziani? O meglio come Veneziani opera una revisione della storia cilena? Innanzitutto con la stessa giustificazione, concettuale, con cui i repubblichini sono uguali ai resistenti antinazisti ed antifascisti.Pinochet tolse la libertà, col massacro del Palazzo "de la Moneda", ma assicurò la pace sociale. Strana ed assurda giustificazione, peraltro non vera, per cui i diritti fondamentali sono barattabili con un tozzo di pane o con…una tonnellata di rame.Perché di questo si tratta.A parte il fatto che Veneziani gioca sporco anche sul piano politico rivoluzionario, ma su questo torneremo, esaminiamo cosa successe allora in Cile che sia diverso da quanto accadeva in Europa nello stesso periodo o quanto era accaduto nella stessa Italia con la nazionalizzazione della energia elettrica. Allende allora, come ora Chàvez e gli altri eletti in America del sud , voleva risollevare il proprio paese dal giogo di sfruttamento medievale che alcune multinazionali avevano imposto ai poveri dell’America del Sud. Allora un piccolo tentativo sul rame, oggi le grandi nazionalizzazioni del petrolio. Tupamaros, montoneros e senderisti che c’entrano col Cile della nazionalizzazione? E’ un miscuglio infame di richiami perché emozionale e slegato dalle tre realtà in cui nacquero quei movimenti. Sendero Luminoso inoltre andò al governo e ci è tornato a furor di popolo ed il Che liberò Cuba dalla mafia e dalla corruzione.Ma a destra questi argomenti sono bestemmie; e mentre in Italia, patria della “incertezza della pena”, essa auspica “la prigione per 21 spinelli” esecra –contestualmente- i paesi dove truffatori e riciclatori vanno in galera (certa) non diversamente di un Al Capone inquisito e condannato, nei decantati USA, con leggi e provvedimenti analoghi.Per questo azzardiamo l’ipotesi di comportamento bipolare (nel senso di schizofrenico, non politico) per cui si vorrebbe piangere il tiranno sanguinario ed esecrare l’uomo normale.Che Friedman, la politica di Reagan e anche di Kissinger, per non parlare delle manovre di CIA e AT&T -così non si scorda alcuno-, abbiano salvato il Cile o l’America del Sud è poi una bugia che sta ancor oggi davanti agli occhi di decine di migliaia di risparmiatori italiani illusi dal monetarismo che ha distrutto anche l’Argentina e la sua economia.Che poi Pinochet sia stato cacciato da libere elezioni non è un suo merito, come vorrebbe farci credere Veneziani, ma la conseguenza del suo sanguinario governo una volta maturati i tempi del tramonto di quella dittatura.Che poi lo stadio “dei desparecidos” cileni fosse un poco meno infernale del “Garage Olimpo” della dittatura argentina con molta riluttanza potremmo anche discuterlo, ma che siano rientrati –nel dopo Pinochet- molti più cileni di quanti ne fossero “andati via” è una bestemmia perché, di solito, i morti non tornano.Non vorremmo che l’impunità che l’occidente ha concesso a Pinochet, come d’altro canto ha fatto il Cile che paventava –in caso di condanna- la possibilità del ritorno di una ulteriore sanguinosa guerra civile (terrore di ogni debole democrazia), facesse davvero credere che si debba piangere Pinochet.Né il Dio degli ebrei né i grandi tragedi greci piangevano per i tiranni e nemmeno, e per fortuna, la civiltà occidentale nata dalle grandi rivoluzioni del XVIII secolo.A quando, di grazia, un pianto per il Terzo Reich?
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