venerdì 29 dicembre 2006

La morte di Saddam: un condono per la politica USA in Medio Oriente


Era, Saddam, un tiranno sanguinario, assassino di famigliari e nemici, sterminatore di curdi e persiani, amico e nemico degli Americani. Doveva quindi essere processato. Sin qui l’omaggio doveroso al perbenismo della massa dei media italiani; doverosa per non incappare nella scomunica infamante di filo-terrorista distribuita a mani larghe da Sergio, Paolo, Antonio e gli altri guru della autoreferenziale comunità mass-mediatica che spazza via i fatti con le opinioni.Passiamo dunque al resto.Il presidente Bush ha salutato la conferma della condanna a morte del rais con la stessa stupidità che dimostrò, e lo sappiamo grazie al documentario di Moore, nella scuola elementare in cui lo colse la notizia dell’attentato alle Torri. Troppa fretta, troppo gran senso di liberazione in quella dichiarazione del texano dagli occhi acquosi, che non è il solito rapporto confidenziale con la pena di morte, piuttosto un’esclamazione dell’animo: “…finalmente”.Si. Perché ad usare, invece, il cervello il presidente avrebbe molto da temere, per il popolo americano, dalla martirizzazione di un tiranno, come un pochino di studio della storia e le offerte di aiuto (degli aimici saudiani) ai sunniti iracheni gli avrebbero fatto da tempo capire. Mentre, sul piano personale, le cose sono a dir poco allettanti.Nonostante la pompa del Tribunale speciale, nonostante l’uccisione di tre membri del collegio di difesa del rais, nonostante le pseudopuducizie del presidente iracheno Talabani, il processo ora conclusosi in via definitiva, cosa che per Saddam rende la condanna esecutiva e senza via di scampo (la grazia non è prevista), si uccide il tiranno per bazzecole e con un processo profondamente asimmetrico, non equo ed a finale prestabilito.Ed è questo il punto che fa tirare un sospiro di sollievo a due generazioni di Bush e dei loro consiglieri ed amministratori. Non si faranno i grandi processi per i veri grandi massacri. Sul piano dei grandi numeri si processa Saddam per l’uccisione di pochi attentatori (alla sua persona) e si riseppelliscono centinaia di migliaia di curdi, persiani, kuwaitiani per i quali si pensa, ma sono solo ipotesi naturalmente, che due generazioni di Bush (assieme ai Rumsfield, Cheney ed alla cricca economico militare al governo) abbiano responsabilità pesanti di sterminio; le quali , con la morte del reo ormai improcessabile, mai più verranno ad indagine giudiziaria rimanendo nel limbo della ipocrisia per molto e molto tempo.E’ il frutto del rapporto perverso della corsa alle fonti energetiche che ha, da sempre, regolato i comportamenti, prima coloniali e poi imperiali, delle potenze occidentali nei confronti del resto del mondo ricco, ma tenuto in stato di povertà e sottosviluppo. Petrolio arabo o sudamericano, diamanti ed uranio africani, petrolio ancora in Africa sono il ghiotto boccone che l’unica potenza imperiale rimasta vuole ingoiare senza spartire con alcuno; semmai distribuire ai clientes più devoti.Primazia acquistata in anni di lotte aperte e manovre segrete che hanno armato la mano ora di questo ora di quel cane da guardia che, a delitto commesso, deve sparire come a ogni scomodo testimone è destino nelle lotte criminali.Per questo la fretta di uccidere Saddam, antico alleato ed ora testimone scomodo. Il tutto in un quadro preordinato di menzogne e disinformazione che prima lo isolassero e poi lo rendessero vulnerabile e, con l’aiuto dei media, eliminabile. Un quadro mafioso? Per nulla. Strategia da impero studiata a tavolino da professionisti che attingono ad una collaudatissima fonte : l’espansione dell’impero di Roma del quale hanno evidenziato le conquiste e minimizzato la corruzione dei metodi e la rovinosa caduta. E’ di oggi la notizia che la sentenza di morte –fortemente voluta- sarà eseguita entro il due di gennaio, un regalo a Bush -fatta da un Iraq vendicativo e fantoccio- durante l’insediamento al Congresso della maggioranza che lo ha clamorosamente bocciato e battuto.